ECCEZIONALE SCOPERTA IN BIBLIOTECA: L'OPERA DI UN MILAZZESE RISALENTE AL 1735 CIRCA
IL TRATTATO DI RETORICA DEL MILAZZESE FRANCESCO PROTO DE ALARCON
Scartabellando tra gli antichi volumi di una Biblioteca può capitare di imbattersi in qualche piacevole sorpresa. È quanto accaduto allo scrivente, che nei giorni scorsi ha scoperto nella Biblioteca Comunale di Milazzo un manoscritto di cui si erano perdute le tracce, oggi ignoto persino ad appassionati e cultori di storia patria. Eppure Stefano Zirilli (1812-1884), colto fondatore della stessa Biblioteca, nel 1876, dopo averlo ricevuto in dono dalla famiglia Ragusi, lo aveva catalogato e custodito con tutti i riguardi e le attenzioni. Si tratta infatti della rara e preziosa opera di un dotto autore milazzese, Francesco Proto de Alarcon, il quale intorno agli anni Trenta del Settecento scrisse un monumentale trattato di «rettorica», ossia l’arte del parlare e dello scrivere secondo precise regole, al fine d’istruire, persuadere, dilettare, commuovere, etc.
Che l’opera del Proto sia monumentale lo attesta in primo luogo il numero elevato di pagine di cui si compone, ben 1.029 fogli scritti con grafia fitta ma ordinata. Un’esposizione piuttosto fluida e scorrevole, se si considera che l’autore scriveva tre secoli fa. Ad impreziosire le pagine un nutrito numero di eleganti raffigurazioni, alcune delle quali a colori.
L’opera, intitolata «Dell’arte del bel dire nella facultà oratoria», esordisce con gli elementi essenziali e basilari della retorica: una lunga serie di regole grammaticali occupa le prime pagine del trattato, una chiara e minuziosa esposizione di aggettivi, avverbi e tra l’altro pronomi e verbi, la coniugazione dei quali incuriosisce non poco il lettore moderno per la denominazione dei singoli tempi, da quello «di avvenire» (futuro semplice) al «preterito imperfetto e perfetto», rispettivamente, imperfetto e passato remoto. Ed ecco che il Proto sciorina questa o quella coniugazione, come ad esempio il «tempo di avvenire» del verbo cantare: «io canterò, tu canterai, colui canterà; noi cantiremo, voi cantirete, coloro cantiranno». Non mancano poi argomenti di gran lunga più impegnativi, quali ad esempio la metafora o il paragrafo intitolato «della onomatopea».
Ma il trattato di retorica del Proto non si limita a questo e passa quindi ad esporre al lettore dell’epoca le regole da osservare per scrivere bene. Gli argomenti sono i più disparati, dalle minuziose istruzioni per scrivere una semplicissima lettera («epistola») a quelle rivolte a coloro i quali avrebbero desiderato immortalare un proprio epitaffio su una lastra marmorea. «L’epistole, seu volgarmente dette lettere, sono necessarie à qualunque persona che voglia dà Uomo discorrere», esordisce il dotto autore milazzese, che dedica a ciascun tipo di missiva un paragrafo distinto e separato. Scorrendo i fogli 97 e segg. del manoscritto ci si imbatte infatti nel paragrafo intitolato «della epistola di condoglianza», in quello dedicato all’«epistola di congratulazione», ed ancora missive di ringraziamento, petizione, «di scuse» e «di negozio» e persino quelle di raccomandazione, scritte affinchè il destinatario «prattichi quella grazia (…) in quel soggetto che gli raccomandiamo, sollecitandolo e favorendolo nei di lui negozi». Per ciascun tipo di lettera il Proto riporta un esempio concreto, una sorta di facsimile (quasi sempre datato «Melazzo 1735»), indicando e descrivendo le singole parti in cui ogni missiva si sarebbe dovuta articolare: «le lettere (…) costa[no] da cinque parti cioè: proloquio, esordio, proposizione seu narrazione, confirmazione et epilogo. Il proloquio è quello titolo, che si dona alla persona à cui si scrive l’epistola, il quale titolo deve essere confacevole alla condizione del personaggio à cui si scrive, secondo la nobiltà, degnità ò prerogativa quello habbia. Poiché se sarà prencipe o duca haverà l’Eccellentissimo, si è marchese l’Illustrissimo, se è semplice cavaliero il Molto Illustre, dei quali titoli nel fine del presente trattato ne darò un catalogo». Questo breve passo consente di comprendere in modo chiaro ed immediato la scorrevolezza e la semplicità che caratterizzano l’esposizione e l’opera del Proto, il quale non manca di citare qua e là la sua Milazzo, «piena di fruttiferi vigneti ed alberi di seta» e con un «Parco reale di caccia» (cfr. pag. 156).
Sin qui la descrizione di questo prezioso manoscritto dimenticato per oltre un secolo tra i polverosi scaffali del fondo antico della Biblioteca Comunale di Milazzo. Una descrizione ahimè frettolosa e lacunosa: purtroppo è stata negata allo scrivente la possibilità di consultarlo con calma negli orari di apertura al pubblico della stessa Biblioteca (nella Milazzo di oggi purtroppo accade anche questo). Per ovviare a questo ed altri stravaganti ostacoli burocratici ad una corretta fruizione del nostro antico patrimonio librario ed archivistico, chi scrive ha inoltrato richiesta scritta agli organi competenti affinché gli venga concessa l’autorizzazione ad accedere al fondo antico per digitalizzare a titolo gratuito ed a proprie spese il trattato del Proto, allo scopo di creare una copia in DVD di sicurezza - da consegnare alla stessa Biblioteca Comunale - che possa salvaguardare e tutelare l’originale da incendi, furti ed altre sfortunate circostanze e nel contempo consentire a chiunque di accedere con facilità a questa preziosa ed antica fonte.
Nel frattempo si coglie l’occasione per invitare studiosi ed appassionati di letteratura e storia patria ad approfondire e studiare ulteriormente l’opera e la biografia del Proto: in tal senso sarebbe auspicabile l’autorevole intervento del prof. Filippo Russo, già sindaco della Città nonché profondo conoscitore delle discipline letterarie, nonché quello di Giovanni Lo Presti, specializzato in ricerche genealogiche che potrebbe individuare i dati anagrafici di questo dotto autore milazzese caduto nell’oblio, autore che il frontespizio del manoscritto si limita ad indicare quale «gentil homo del conseglio e mastra giuratoria della Fidelissima Città di Melazzo» (Massimo Tricamo, sabato 16 luglio 2011).
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